I premi letterari di "Etruria Faber Music"
Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "C" (Istituti Superiori)
III Premio
Giada Frosini
Motivazione: Con la silloge Maschere di carta, Perimetri e Soli, la poetessa ricorre alle antinomie interno-esterno e luci-ombre per descrivere il nostro essere dimidiato tra un reale che ha confini precisi – e che nel suo «freddo pungente» disegna forme sbagliate, nel desiderio di controllo – e uno spirito che si rivela sconfinato, eppure «più reale di qualsiasi perimetro». L’essere, per la poetessa Giada Frosini, può svelarsi nel suo «bellissimo spettacolo», nonostante il «destino avverso» e la «Natura» che «elegante e spietata dirige», solo attraverso la «musica», ovvero l’azione poetica che si sviluppa nel tempo, che diviene energia trasfiguratrice e metafora di ciò che non può imprigionare in forme rigide, perché non può essere confinato nel recinto delle parole. La musica a cui fa riferimento la poetessa è la fibra della poesia stessa, che nella sua ineffabilità rivela il senso delle cose sottraendolo, aprendo il «corpo interno» limitato a dimensioni illimitate. È tutta una questione di «perimetri». La poesia dell’autrice fa luce sul perimetro dell’anima che non può essere mai definito, ma ricreato nella dimensione poetica della tensione continua. Siamo «vulcani» – ricorda ancora la poetessa – siamo «Soli», siamo «stelle solitarie». Non lasciamoci spegnere.
Dalla mia finestra vedo
Siamo automi
Ingranaggi difettosi
Cuori vuoti
Neuroni nervosi.
Siamo tanti Soli
Dispersi nell’universo
Bellissimi spettacoli
Dal destino avverso
Distanti anni luce,
nuclei lontani
cercano sottovoce
emozioni: vulcani.
Elegante spietata
La Natura dirige
E noi,
stelle solitarie
brilliamo
oscuriamo
il vuoto nero
che ci circonda.
Giada Frosini (Serravalle Pistoiese - PT)
Istituto Tecnico Tecnologico Statale Silvano Fedi-Enrico Fermi di Pistoia
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Elena Mora
Motivazione: Se dovessimo leggere le poesie Incontro e Specchio di verità della giovane Elena senza conoscere la sua età, saremmo qui a scrivere di una donna matura, vissuta, realizzata, che si volta indietro dopo tanto «camminare stanco sui selciati rotti», rivolgendosi malinconicamente verso «un ricordo di anni passati». Elena è una bambina o, se preferisce, una ragazzina, classe duemila sette: quando lo si scopre, si rimane basiti. I suoi versi lineari, nella loro semplicità e purezza, rivelano l’anima antica di chi scrive e di chi, in virtù di una memoria misteriosa, può poetare con versi ben assemblati e avere nostalgia di un passato che deve ancora venire. Chi scrive allora? La bambina o la donna che sarà, che fantastica di un futuro presente altrove? La giovane autrice parla di un «filo invisibile e sottile del destino che tanti anni fa legammo così forte», quasi volesse porre l’accento su un tempo irrimediabilmente e atavicamente passato. Per questo, indagare sulla natura spirituale dell’uomo è un dovere per ogni poeta; così, Elena si specchia nell’acqua nella quale vede qualcuno diverso da sé stessa. E non c’è cosa più vera dell’acqua che ti vede come sei, non come vorresti essere.
Incontro
Non so se avete presente
Quel camminare stanco
Sui selciati rotti.
Quei vestiti che non ti stanno più
Ma che hai ancora indosso.
Quel rumore e quei canti
Fuori, ma quel silenzio, con spifferi,
dentro.
Lo spiffero più bello,
interruzione al nulla maligno,
un semplice saluto,
un ricordo di anni passati.
Mi si presente davanti
Una bambina, sguardo un po’ curioso,
che chiede se il suo dolce ricordo
è sepolto sotto l’erba pallida
o vivo, da qualche parte,
in un cassetto dimenticato.
Il nome suona familiare,
e allora rivedo quel sorriso,
prima e ora, non cambiato da allora.
Parliamo di cose, un po’ vere
E un po’ sogni,
poi, persa, non la trovo tra la gente.
Ma io ti prometto
Che ti rivedrò, un giorno,
non so come e non so quando,
ma so solo che
il filo invisibile e sottile
del destino, fra noi, non si è ancora slacciato.
Perché tanti anni fa,
lo legammo così forte
che mai si spezzerà.
Elena Mora (Parma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "D" (Adulti)
II Premio
Alexandra McMillan
Motivazione: Così rimescolati e alternativamente declinati i quattro principi naturali tout court - aria, terra, fuoco e acqua - nelle liriche di Alexandra Mc Millan questi si esplicitano come simboli e correlativi oggettivi di altrettanti precisi e individuabili istanti fotografici della propria interiorità: al vento della nostalgia e del ricordo, della memoria e del sogno si amalgama la terra come palcoscenico concreto e naturale, habitat materiale perché solida espressione dei sentimenti umani; alle fiamme guizzanti, scompigliate e dolorose dell’amore si oppongono la rugiada, il fiume e il mare della rinascita, del rinnovamento e della nuova speranza. Così le liriche formano un particolare linguaggio poetico confidente e aperto a una misura che si avvicina alla prosa poetica. Sono predilette, dalla poetessa, situazioni limite di ascolto minimale del silenzio, enigmatico compagno di viaggio, e dove è messo in gioco, appunto, un confine sempre più labile fra lirica e racconto. Il risultato ottenuto è di una compatta, sostanziale e precisa unità.
Vento in fiamme
E' come questo vento in fiamme, che parla e tu ascolti a mezza voce
immaginandoti spiga tra le spighe che si piegano al soffio, è giocoforza,
e però distratte, liberamente scompigliate in infinite direzioni, incuranti
dello spaventapasseri che spalanca le braccia invano, contorniato
dal cicaleccio delle gazze e dai passeri impudichi, ché avere i semi morsi
da stormi d'uccelli è cento volte meglio dello spietato taglio della falce,
e la grazia dello stelo sta nell'arrendersi alla leggerezza dei papaveri.
Chiederò perle di rugiada per il silenzio di queste notti grandi,
tremerò allo scintillio tenero degli astri sul fiume che mi benedice i fianchi
alla libellula che mi aleggia a fior di labbra, all'oro liquido e caldo dei fondali,
come il frutto consacrato sul ramo
che si sporge in uno sfiorare d'acqua e fronde.
A piedi nudi correrò sul greto, e il freddo bruciante avvolgerà le mie caviglie
perché meglio mi scuota la tempesta, il brivido impetuoso della pioggia;
poi ci accoglierà la carezza dell'erba, come un punto fermo nell'uragano,
questa luna di topazio e le stelle rincantucciate tra le nostre dita
e l'abbraccio tiepido dei corpi che usano il cielo come un manto.
Non ci vuole poi molto, un'altra vita appena, per distruggere i silenzi,
solo un'altra vita e basta.
Oggi ti capisco dal respiro.
Alexandra McMillan (Genova)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
V Edizione 2022
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Gabriele Barghetti
Motivazione: Echi stilistici, emulazione dei temi più ricorrenti nella tradizione letteraria e, allo stesso tempo, ridefinizione degli stessi modelli in chiave personale connotano le liriche di Gabriele Barghetti, intitolate "Un addio" e "La paura". Il motivo della separazione scandisce il contenuto poetico della prima lirica: l’autore ripercorre, con precisione allegorica di immagini e di sensazioni emotive, il momento che lo ha separato dal suo ipotetico interlocutore, identificato con un tu generico, incorporeo e spirituale. Il tema dell’allontanamento, invece, pervade la seconda lirica, La paura. L’attacco iniziale – che emula alcune delle poesie proprie della stagione crepuscolarista – trasporta il lettore in una scena di vita quotidiana vissuta dal poeta: un angolo di conforto domestico, di calorosa e delimitata sicurezza focolare che si oppone all’entropico mondo esterno, a una realtà contemporaneamente rischiosa e minacciosa. Da notare, inoltre, come il poeta adotti la struttura del sonetto che consente – pur nella rigidità della sua metrica – una versatilità relativa allo schema delle rime, che nelle due liriche si fa ora chiuso e ora ripetuto.
Un Addio
L’immagine del tempo non è retta,
se volgi l’occhio senza preavviso
ti appare forse l’ultimo sorriso
che ti lasciai scendendo dalla vetta.
Tra gli orti degli ulivi in bicicletta
dopo una curva smisi all’improvviso
di abitare l’istante e dal tuo viso
si allontanò decisa la lancetta.
È un circolo l’abisso ed io procedo
lungo il suo bordo dove già mi è schiuso
un tratto della fine e te rivedo,
nel lembo di un momento già richiuso,
nell’attimo infinito del congedo,
prima che questo piombo sia rifuso.
La paura
Sono seduto, in casa, e tutto è chiuso,
calmo il quartiere, ed ogni guerra altrove.
Prendo biscotti e tè ed ho le prove
che dentro e intorno a me è del tutto escluso
che una minaccia incomba e sia dischiuso
nell'immediato un rischio. Mi commuove
questo calore calmo e penso a nuove
felici imprese e al ciclo già concluso.
Ma tra il passato e il dopo, in questo istante,
mi parla dentro chiara la paura,
dà luce a questa pace e la rivela
come l'inganno che è, nel sovrastante
arbitrio della morte, e chiede cura
di questa nostra vita e a noi la svela.
Gabriele Barghetti (Olbia)
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