I premi letterari di "Etruria Faber Music"
Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Ilaria Vescovi
Motivazione: Carica di suggestione, la sua forma poetica è un’esperienza di solitudine che guarda alla morte come a un autunno, e al mondo come a una prigione «dove gli uomini si credon così forti» e il Natale appare come la sicura e confortante fine della sera in cui «le strade paiono interminabili fili di vita e di luce». Si abita, così, in un’illusione nel tempo scandito dal verso costruito con un solo verbo, quel «paiono», che sottolinea la precarietà di quei fili di vita e di luce descritti. Essi, infatti, non sono che un’interruzione momentanea di quel “lento oblio” di cui Ilaria parla, poi, nella poesia E un altro autunno se ne andò: qui la luce non nutre perché è “luce di insaziabile malinconia”, l’unica che ci viene descritta come illuminante il cammino della giovane poetessa. E tutti interroga il verso che recita: «Ogni tanto penso se tutti abbiamo una vera esistenza» (in Le anime perdute), perché l’anima può perdersi ancor prima di morire, e vivere mille morti abdicando sotto il peso del dolore, degli anni, della solitudine e del silenzio. Quella di Ilaria Vescovi è poesia che ci pone implicitamente delle domande, in un tempo in cui sembra, invece, che anche per la conoscenza profonda degli individui già siano pronte le più varie risposte.
Le anime perdute
Se potessi
paragonerei la morte,
alle foglie secche
che cadono in autunno,
nell'infinito universo
delle anime perdute.
Quella sera d'estate
sotto un albero di olivo,
ti pensai così intensamente
da non capire
che sei quel soffio d'aria fresca,
che avvolge la mia anima.
il mondo alla fine che cos'è?
Una prigione dove gli uomini
si credono così forti...
Ogni tanto penso
se tutti abbiamo
una vera esistenza.
L'indomani aprii
gli occhi, e cercai
con lo sguardo,
un'agenda,
dove a un certo punto
le pagine, iniziavano
a divenire vuote...
Ilaria Vescovi (Asiago - VI)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
V Edizione 2022
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Gabriele Barghetti
Motivazione: Echi stilistici, emulazione dei temi più ricorrenti nella tradizione letteraria e, allo stesso tempo, ridefinizione degli stessi modelli in chiave personale connotano le liriche di Gabriele Barghetti, intitolate "Un addio" e "La paura". Il motivo della separazione scandisce il contenuto poetico della prima lirica: l’autore ripercorre, con precisione allegorica di immagini e di sensazioni emotive, il momento che lo ha separato dal suo ipotetico interlocutore, identificato con un tu generico, incorporeo e spirituale. Il tema dell’allontanamento, invece, pervade la seconda lirica, La paura. L’attacco iniziale – che emula alcune delle poesie proprie della stagione crepuscolarista – trasporta il lettore in una scena di vita quotidiana vissuta dal poeta: un angolo di conforto domestico, di calorosa e delimitata sicurezza focolare che si oppone all’entropico mondo esterno, a una realtà contemporaneamente rischiosa e minacciosa. Da notare, inoltre, come il poeta adotti la struttura del sonetto che consente – pur nella rigidità della sua metrica – una versatilità relativa allo schema delle rime, che nelle due liriche si fa ora chiuso e ora ripetuto.
Un Addio
L’immagine del tempo non è retta,
se volgi l’occhio senza preavviso
ti appare forse l’ultimo sorriso
che ti lasciai scendendo dalla vetta.
Tra gli orti degli ulivi in bicicletta
dopo una curva smisi all’improvviso
di abitare l’istante e dal tuo viso
si allontanò decisa la lancetta.
È un circolo l’abisso ed io procedo
lungo il suo bordo dove già mi è schiuso
un tratto della fine e te rivedo,
nel lembo di un momento già richiuso,
nell’attimo infinito del congedo,
prima che questo piombo sia rifuso.
La paura
Sono seduto, in casa, e tutto è chiuso,
calmo il quartiere, ed ogni guerra altrove.
Prendo biscotti e tè ed ho le prove
che dentro e intorno a me è del tutto escluso
che una minaccia incomba e sia dischiuso
nell'immediato un rischio. Mi commuove
questo calore calmo e penso a nuove
felici imprese e al ciclo già concluso.
Ma tra il passato e il dopo, in questo istante,
mi parla dentro chiara la paura,
dà luce a questa pace e la rivela
come l'inganno che è, nel sovrastante
arbitrio della morte, e chiede cura
di questa nostra vita e a noi la svela.
Gabriele Barghetti (Olbia)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
VII Edizione 2024
Sezione "Scuole"
Categoria "Istituti Superiori"
I Premio Assoluto
Sara Bertin
Motivazione: Parole stilisticamente semplici e immagini bozzettistiche strutturano le composizioni poetiche della giovane poetessa Sara. L’evocazione di una potente presenza femminile, còlta nella sua evanescenza e inserita in un’atmosfera angosciosa e di sospensione surreale, diventa la trama con cui costruire la lirica Coincidenze. Solo nella desertica solitudine e nella fissità cosmica è possibile un nuovo incontro fra la giovane poetessa e l’interlocutrice, che rimane però oscura e avvolta in un alone enigmatico e misterioso.
Nella lirica Gocce, invece, l’autrice narra e descrive analiticamente il destino di ciascuna goccia che compone la pioggia, ossia quello di frantumarsi a terra. E’, dunque, la rappresentazione monotona e dolorosa – seppur autocosciente e consapevole – di un’agonia ripetitiva e che può, in qualche modo, analogicamente e allegoricamente legarsi al destino della vita umana.
Gocce
La goccia dal cielo strapiomba
nel terreno, a capofitto, istintiva
forse perché troppe cose ambiva.
Silenziosa nel suo veloce
ed esausto viaggio, lo scroscio
nel terreno è il primo e ultimo
avvertimento d’un dolore saggio.
Non siamo, noi piccoli esseri
desiderosi, tante piccole gocce?
Dal tratto metafisico allo spazio fisico
silenziose, subiscono, gioiscono,
e periscono.
Legate tra loro da prassi comune.
Decise, impavide e monotone,
compreso il loro movimento,
la dinamica le congiunge
allo sfracellamento.
Che sia per desiderio, amore,
semplice o cruenta morte
o per pura follia, la vita
per loro e un’ampia agonia.
Coincidenze
La torre, la dorata chioma
uno sguardo, la parola è in coma.
Occhi azzurri come il mare,
labbra rosse e carnose,
dolci e aspre come more,
lievemente lei muove.
Tanta è l’ansia e il sospiro,
neppure al funesto grido
io mi giro.
Bloccato è l’universo,
solo io e te, il resto è deserto,
che giace, se ne compiace.
Potente è la presenza,
ancora non pronta la confidenza,
per questo è coincidenza.
Sara Bertin (Monterosso al Mare - SP)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
VII Edizione 2024
Sezione "Adulti"
I Premio
Giulia Venturi
Motivazione: Echi stilistici della poesia crepuscolare ed emulazione della cosiddetta “poesia delle piccole cose” connotano le liriche di Giulia Venturi, intitolate Questa mattina il bosco e Settembre. Tu crescevi. Nella prima, l’autrice si rivolge con timida graziosità alla naturalità di un bosco: tale paesaggio vago e indefinito nel tempo e nello spazio, tutto sospeso, pervaso e invaso in un’atmosfera nirvanica, ha la funzione di sviluppare un dialogo ineffabile che si esaurisce in un’auscultazione privata e intimistica. Solo la natura, nella sua primordialità intatta, è protagonista e fonte inesauribile di una ristorazione panica a quel «cammino di male» costituito dalle pene e dalle sofferenze che – per estensione – connotano la vita di tutti gli esseri umani. Nella seconda poesia, il periodo settembrino e la descrizione della fine dell’estate e del conseguente inizio dell’autunno divengono pretesti allegorici per una riflessione generale sui cambiamenti e sui passaggi obbligati nella vita. Così, la natura antropomorfizzata e il realismo cosale trasudano e riflettono – mediante correlativi-oggettivi – emozioni, sensazioni e accadimenti propri dell’esperienza privata dell’autrice.
Questa mattina il bosco
Questa mattina il bosco
mi premia col silenzio
tanto che le tue parole
mi sembrano offensive
uno stupro all’ineffabile
la mia loquela fallibile
contro il sempiterno sussurro delle foglie.
Si apre il pensiero infinito
all’indefinito biancheggiare di nebbia.
Cos’è reale?
Questo abete secolare,
la mia schiena sudata
questo perseguire un cammino di male?
Rimorsi mordono la vista familiare
delle abetine fitte da far paura
ai corpi sfiniti di nostalgia.
Settembre. Tu crescevi
Settembre. Tu crescevi,
nei sussurri di pioggia
che ti scollava la festa di dosso
nella solitudine che ingialliva
in un colore cruento
dentro ai bicchieri che ritrovavano
qualche loro spazio sulle credenze
incrostate dal correre di agosto.
Tu crescevi e prendevi il tuo posto
tra chi adora sentire
il silenzio armeggiare
con la pazienza fedele, autunnale
dentro un giorno dolcemente irreale.
Giulia Venturi (Orsigna, Pistoia - PT)
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