I premi letterari di "Etruria Faber Music"
Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Rita Parravicini
Motivazione: Con Autobiografia e Vorrei, la poesia di Rita Parravicini si svela impressionisticamente fine, semplice, leggera e ritmata nel verso, specchio e allo stesso tempo bozzetto ritrattistico della poetessa che si rappresenta, in entrambe le liriche, non più umana. In Autobiografia, l’autrice si paragona dapprima a uno dei tanti libri posti sui bui “scaffali della biblioteca della vita”; un libro poco compreso, afferrato più volte e usurato dalle letture di alunni, di uomini e di donne che spesso risultano impaurite nel riconoscersi simili, se non uguali, a esso. Così, l’autrice spera in un cambiamento, in una innovazione: alla vita rutinaria, metaforicamente rappresentata da un libro letto e riposto sempre sullo stesso scaffale, la poetessa spera di diventare, sempre con metafora, un moderno e-book illuminato, nella sua vita e per la sua vita. Il leitmotiv della disumanizzazione è presente anche nella lirica Vorrei: qui l’autrice richiama la potenza eterna del mito, trasformandosi così nella Dafne di memoria ovidiana; la metamorfosi in un albero forte, robusto e generatore di vita non è che il principio per vincere, resistere e liberarsi dal ciclico susseguirsi delle stagioni e dall’inesauribile quanto inevitabile scorrere tempo.
Autobiografia
Sei come un libro aperto! –
Questo dicono di me, ma io non lo penso.
Un libro, si, forse lo sono, ma chiuso,
allineato insieme ai miei simili,
negli scaffali della biblioteca della vita.
Stiamo tanto stretti
Che mi è difficile leggere come siamo dentro, io e gli altri.
Vedo le copertine dei miei vicini,
ruvide di cartone o lisce, in vera pelle.
Ne annuso gli aromi,
sorgendomi leggo un nome,
un titolo sbiadito sulla costola.
Per qualche tempo mi hanno tolto
Dall’ordinata fila i miei lettori.
Hanno sfogliato le mie pagine:
certi alunni hanno trovato in me
numeri e figure,
come funzionano il cuore e
la spirale della formula chimica della vita.
Alcuni uomini, togliendomi la polvere di dosso,
mi hanno portato fuori per un po’ di tempo,
magari in tasca,
facendomi assaporare il fascino
di essere di tanto in tanto accarezzata
nel girare le mie pagine nascoste.
Poi mi hanno lasciato di nuovo in biblioteca,
disorientata, cambiandomi di posto nel catalogo.
Alcune donne mi hanno letto,
ma solo nelle prime pagine
per paura di scoprirsi uguali a me.
Ora ho deciso di venir via dagli scaffali.
Da domani, senza aspettare di essere prescelta,
sarò un e-book tecnologico,
una prima pagina sempre illuminata,
basterà sfiorarmi e … cambierò look.
Vorrei
Essere un albero…
Come dafne
Invocare mia madre
Che muti i miei piedi
In radici penetranti l’umida terra,
la pelle in ruvida corteccia,
le braccia protese in rami nodosi
chè nessuno mi abbracci
per farmi del male.
Ingannare il gelido inverno…
Fingendomi morta.
Bagnarmi di sole
E stupire gli uomini
Con la mia improvvisa
verde rinascita
Coprendomi di gemme
In primavera.
Nascondere tra i miei rami
Canore nidiate.
Con odoroso nettare
Nutrire alate creature
E in carnosi frutti
Moltiplicare la mia specie.
Si racchiude in un albero
Tutto il mio bisogno di essere.
Rita Parravicini (Grosseto)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "C" (Istituti Superiori)
I Premio Assoluto
Leonardo Donà
Motivazione: La costruzione della struttura poetica in rima è rischiosa, perché può banalizzare il verso; al contrario e in questo caso, la rima è stata sapientemente usata e risulta essere l’efficace espediente con cui l’autore ci rende leggero questo volo poetico sulla condizione umana, per non spaventarci dell’inabissamento in cui ci trascina nella descrizione delle miserie degli uomini. Leonardo non ci impedisce, però, di incontrare con meno dolore gli occhi vuoti della donna, quelli che nella poesia Sul ciglio della strada penetrano con tale forza da riuscire, finanche, a farci sentire il freddo e la violenza di una vita che non doveva andare così, una vita che per nessun essere umano dovrebbe andare così. Nessuno ne conosce il cuore: così canta il poeta, e le linee disegnate dai versi, a scorrerle tutte in un’occhiata sola, sembrano l’elettrocardiogramma di un cuore su cui grava un macigno, perché come recita un altro verso: Nessuna bimba, da adulta, ha il desiderio di divenir prostituta. L’egoismo inaridisce il cuore dell’avaro (in L’avaro) ed è alla radice dello sfruttamento dell’essere umano e della sua brutale cosalizzazione. Solo l’amore sa chi siamo, solo nell’amore possiamo essere riconosciuti. Tu sei è l’ultima delle tre poesie proposte dal giovane Leonardo. L’identità è protetta dall’amore, dall’incontro degli sguardi e la rima si fa tenera, tenera come la più tenera carezza.
Tu Sei
Per me tu sei come l'acqua per il fiume,
come le stelle per il cielo,
come nell'oscurità il più vivido lume,
come per la primavera il dolce disgelo.
Sei come la vastità dei cieli più tersi,
dolce come la più dolce melodia,
come del sommo poeta i sommi versi,
il senso più profondo di questa vita mia.
Sei come l'aria per i polmoni,
come lo splendido fiorire della rosa,
sei il più soave di tutti i suoni,
sei una creatura meravigliosa.
Sei come l'acqua in un deserto,
ed io m'allieto ad ammirar la tua delicatezza,
che con grande fortuna ho scoperto,
ed è tenera come la più tenera carezza.
Sei bella come dell'usignolo il canto,
e tremo al pensier ch'avrei potuto non incontrarti,
e il mio cuore si scioglierebbe nel pianto
se non prevalesse il desiderio d'abbracciarti.
E nonostante tutto non trovo parole
per descrivere come sei,
e quanto batte il mio cuore
quando i tuoi occhi incontrano i miei.
Leonardo Donà (Verona)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Ilaria Vescovi
Motivazione: Carica di suggestione, la sua forma poetica è un’esperienza di solitudine che guarda alla morte come a un autunno, e al mondo come a una prigione «dove gli uomini si credon così forti» e il Natale appare come la sicura e confortante fine della sera in cui «le strade paiono interminabili fili di vita e di luce». Si abita, così, in un’illusione nel tempo scandito dal verso costruito con un solo verbo, quel «paiono», che sottolinea la precarietà di quei fili di vita e di luce descritti. Essi, infatti, non sono che un’interruzione momentanea di quel “lento oblio” di cui Ilaria parla, poi, nella poesia E un altro autunno se ne andò: qui la luce non nutre perché è “luce di insaziabile malinconia”, l’unica che ci viene descritta come illuminante il cammino della giovane poetessa. E tutti interroga il verso che recita: «Ogni tanto penso se tutti abbiamo una vera esistenza» (in Le anime perdute), perché l’anima può perdersi ancor prima di morire, e vivere mille morti abdicando sotto il peso del dolore, degli anni, della solitudine e del silenzio. Quella di Ilaria Vescovi è poesia che ci pone implicitamente delle domande, in un tempo in cui sembra, invece, che anche per la conoscenza profonda degli individui già siano pronte le più varie risposte.
Le anime perdute
Se potessi
paragonerei la morte,
alle foglie secche
che cadono in autunno,
nell'infinito universo
delle anime perdute.
Quella sera d'estate
sotto un albero di olivo,
ti pensai così intensamente
da non capire
che sei quel soffio d'aria fresca,
che avvolge la mia anima.
il mondo alla fine che cos'è?
Una prigione dove gli uomini
si credono così forti...
Ogni tanto penso
se tutti abbiamo
una vera esistenza.
L'indomani aprii
gli occhi, e cercai
con lo sguardo,
un'agenda,
dove a un certo punto
le pagine, iniziavano
a divenire vuote...
Ilaria Vescovi (Asiago - VI)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
VII Edizione 2024
Sezione "Adulti"
I Premio
Giulia Venturi
Motivazione: Echi stilistici della poesia crepuscolare ed emulazione della cosiddetta “poesia delle piccole cose” connotano le liriche di Giulia Venturi, intitolate Questa mattina il bosco e Settembre. Tu crescevi. Nella prima, l’autrice si rivolge con timida graziosità alla naturalità di un bosco: tale paesaggio vago e indefinito nel tempo e nello spazio, tutto sospeso, pervaso e invaso in un’atmosfera nirvanica, ha la funzione di sviluppare un dialogo ineffabile che si esaurisce in un’auscultazione privata e intimistica. Solo la natura, nella sua primordialità intatta, è protagonista e fonte inesauribile di una ristorazione panica a quel «cammino di male» costituito dalle pene e dalle sofferenze che – per estensione – connotano la vita di tutti gli esseri umani. Nella seconda poesia, il periodo settembrino e la descrizione della fine dell’estate e del conseguente inizio dell’autunno divengono pretesti allegorici per una riflessione generale sui cambiamenti e sui passaggi obbligati nella vita. Così, la natura antropomorfizzata e il realismo cosale trasudano e riflettono – mediante correlativi-oggettivi – emozioni, sensazioni e accadimenti propri dell’esperienza privata dell’autrice.
Questa mattina il bosco
Questa mattina il bosco
mi premia col silenzio
tanto che le tue parole
mi sembrano offensive
uno stupro all’ineffabile
la mia loquela fallibile
contro il sempiterno sussurro delle foglie.
Si apre il pensiero infinito
all’indefinito biancheggiare di nebbia.
Cos’è reale?
Questo abete secolare,
la mia schiena sudata
questo perseguire un cammino di male?
Rimorsi mordono la vista familiare
delle abetine fitte da far paura
ai corpi sfiniti di nostalgia.
Settembre. Tu crescevi
Settembre. Tu crescevi,
nei sussurri di pioggia
che ti scollava la festa di dosso
nella solitudine che ingialliva
in un colore cruento
dentro ai bicchieri che ritrovavano
qualche loro spazio sulle credenze
incrostate dal correre di agosto.
Tu crescevi e prendevi il tuo posto
tra chi adora sentire
il silenzio armeggiare
con la pazienza fedele, autunnale
dentro un giorno dolcemente irreale.
Giulia Venturi (Orsigna, Pistoia - PT)
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