Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "D" (Adulti)
II Premio
Gennaro De Falco
Motivazione E' poesia della presenza-assenza, della stasi e del dinamismo quella che connota i versi di Πάντα ῥεῖ e di Via El Alamein, 67 del poeta Gennaro De Falco. Nella prima riecheggia il motto del filosofo Eraclito: in una realtà intrisa di storia e inderogabilmente obbligata al divenire delle sue cose, si contrappongono quadri-immagini liberi di accennare al presente e al passato, svincolandosi così dagli statici criteri della cronologia degli eventi. In questo tempo dinoccolato, la figura femminile – metafora dell’amore – è parte dell’intimità atemporale del poeta, che sembra fungere da collante tra le due realtà l’ultimo verso: «e non c’era lesione tra te e il mondo». La poesia Via El Alamein, 67, ambientata a Milano, si mostra come un contemporaneo canto d’amore crepuscolare: la pesante routine di una metropoli e il suo traffico, l’ultimo autobus vuoto e forse poco profumato, il capolinea deserto, il finestrino forse opacizzato dai fumi del giorno. E proprio su questo finestrino, solo l’ombra della donna (o dell’amata?) si appoggia: un’apparizione salvifica, quasi angelica, tanto che il «nome» di lei «non ha più sillabe».
Via El Alamein, 67
Ci ammutiniamo,
ripetiamo la perpendicolare della carezza
tracciamo il rischio della collisione.
Questo è il compiersi dell’amore
astrarre la trasformazione, rinnegare
l’ipotesi nominale del tempo
quel tempo che finisce
inaudito e improvviso
nel grande gorgo di Milano
quando si spegne per sempre
la luce bianca della corsia
e si perde il centro,
esplode l’atomo, si frantuma l’universo.
Così pare vuota l’ultima corsa della 92,
nessuno al capolinea che aspetta, solo la tua ombra
appoggiata al finestrino.
Il tuo nome che non ha più sillabe.
Gennaro De Falco (Crotone)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Pietro Catalano
Motivazione L’eleganza delle due liriche I bambini di Aleppo e L’aria blu ha poche connessioni con la nostra antologia letteraria. I versi di queste due poesie ci attraversano, piovendoci addosso, da tristi atmosfere: nella prima, I bambini di Aleppo, ancor di più perché tocca e riguarda i bambini; nell’altra, L’aria blu, nell’amara solitudine del poeta. Leggendo i versi, siamo coinvolti dall’autore stesso, che sembra abbia davvero attraversato gli orrori della guerra e del solipsismo pietoso. La sua poesia sembra sfuggire dalle regole della letteratura del Novecento e non solo di questo secolo: non ci sono figure retoriche e rime, e la sintassi è modulata, la metrica è libera e quanto mai rari sono i versi ermetici. è proprio la semplicità a colpirci e a commuoverci allo stesso tempo. Nessun artificio, dunque, ma solo la pietà che filtra in noi, lasciandoci un retrogusto dal sapore dolce-amaro. Ancora, il poeta sembra mostrarci una volontà di comunicazione che fa sì che si possa tutti rimanere coinvolti in un dolore mai velenoso, bensì contemplativo, che ha come frutto della guerra i bambini nella prima lirica e nell’altra un controllato solipsismo.
I bambini di Aleppo
“Là dove hanno fatto il deserto,
lo hanno chiamato pace”
Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola
Cantano ancora i bambini di Aleppo
ora che la coperta è calda nella notte,
il rompo cupo non fa più paura
è il suono che prelude al temporale,
le ombre s’allungano nella stanza
senza avvolgere il viso delle bambole.
Hanno ancora negli occhi il rogo
delle case e nelle mani piaghe di paura
col filo spinato ancora tra le dita
e la borraccia a tracolla semivuota.
Hanno visto il fuoco della pelle
marchio d’infamia dei vinti, memoria
della viltà e silenzio dei forti.
Nascondono un fiore dentro il diario
per segnare i giorni trascorsi
a contare il silenzio delle grida.
Ah, com’è triste il giorno senza voci,
ogni silenzio è una croce nel mio cuore.
Canteranno ancora i bambini di Aleppo
Nella Valle di Elah, vero il giardino
Dei ciliegi in fiore.
L’aria Blu
Regina Coeli, Roma
C’è una zona chiamata aria blu
in questo spazio ristretto, dove
ritrovo il colore del mare e del cielo
e il dondolare lieve di mia madre.
Adesso ho una finestra chiusa davanti
e guardo le stelle riflesse nello specchio
rotto dai sassi lanciati per fare rumore
in questo silenzio che soffoca
la memoria, perduta nei giorni uguali
a ubbidire alla conta della sera.
Nell’aria blu respiro ancora l’odore
di zagara e gelsomino, sento il frinire
dei grilli e danzo a piedi nudi
nell’erba bagnata dalla brina del mattino.
Passi cadenzati e tintinnio di chiavi
annunciano la fine del viaggio,
il fischio del treno è un ricordo lontano,
il rumore secco della porta di ferro
chiude il giorno delle notti a venire.
Pietro Catalano (Roma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "C" (Istituti Superiori)
II Premio
Ye Congle
Motivazione: Hanno il profumo delle rose metafisiche i versi delle poesie Mostro di Rosa, Narciso e Rose di Ye Congle, che si fanno esortazione delicata a espandere il proprio io, la cui ricchezza deve proiettarsi verso gli altri, trasmettendone «nuova freschezza» e invito a manifestare la propria Bellezza (intesa come pulchrum, attributo dell’essere) con la sua potenza trasformatrice, per poi diventare «mostro di rosa», ovvero prodigio di quella stessa Bellezza che esprime l’essenza dell’uomo, osando il coraggio della conoscenza e della fiducia in sé stessi, contrastando la paura che genera il «mutismo» dei sentimenti. Il poeta scandaglia una società in cui domina il «silenzio» del cuore – involucro restrittivo e costrittivo che impedisce la libera espressione ed espansione dell’identità – e in cui «stiamo a fissarci nel vuoto dell’infinito», poveri di obiettivi e di senso, di tensioni verso uno scopo e nella quale «parliamo con la ragione», ponendo attenzione esclusivamente all’aspetto speculativo dell’esperienza umana. L’essenza generante è muta e il poeta scioglie questo nodo di incomunicabilità con parole compagne di rima, baciata e alternata, che diventano invito per il cuore a «fiorire», «mostrando al mondo il suo Sorriso», inteso come bagliore di luce che spiazza le «tenebre» del vivere perché è accoglienza e apertura del proprio mondo all’altro.
Mostro di Rosa
Mostro di ghiaccio,
intellettuale pagliaccio
colmo di uman calore,
colmo di uman dolore.
Sentimenti da sfere tenebre
Sparsi sull’orizzonte celebre
Dipingono il tuo mondo di rosa,
riempiendo il tuo cuore di ogni dolce cosa.
Non pensare di non saper volare
Prima di provarci per poi riprovare.
Non dire di non saper affascinare,
togliendo la voce ai tuoi sentimenti per parlare.
Esplodi nella tua bellezza,
trasmetti a tutti una nuova freschezza.
Esplodi nella tua rosa,
sii originale, sapere Osa.
Ye Congle (Montecatini Terme - PT)
Istituto Tecnico Tecnologico Statale Silvano Fedi-Enrico Fermi di Pistoia
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "A" (Scuole elementari)
I Premio Assoluto
Elena Mora
Motivazione: Con le poesie Verso l’ignoto e L’ultima luce, la giovanissima Elena Mora ci propone il ritorno ad una metrica classica, canonica, universalmente conosciuta, che permette alla nostra piccola poetessa la capacità di far risaltare la forza delle parole da lei impiegate nelle sue due liriche, così delicate ma allo stesso tempo capaci di irradiare, diffondere e di dare voce ai sentimenti più profondi dell’Io. Le parole e i timori, che solo la forma poetica permette di esprimere, avvolgono il lettore, fino a una autentica, lirica e completa compartecipazione, accostando e rincuorando la solitudine di chi legge alla grazia e alla cura delle parole poetiche.
L'ultima luce
Voglio vedere la luce
Vederla veloce
Toccare le stelle
Non son poi così belle
Voglio volare
Senza cadere
Senza risparmiare
Chi non vuole sognare
Siamo le ultime luci
Tra belve feroci
Prima che tramonti il sole
E restiamo da sole…
Elena Mora (Parma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Gabriel Tagliabue
Motivazione: Con le poesie Morte in vita e Io vedo, Gabriel Tagliabue trionfa per la profondità di pensiero espressa e per la dote, certamente innata, di saper comporre un verso capace di far specchiare nel lettore la voce dell’Io poetante. Con Io vedo, il giovanissimo poeta si presenta con la capacità di guardare il mondo, grazie al “terzo occhio” della poesia, capendolo e sviscerandone l’anima a colpi di sguardi. Così, egli vede, comprende e subisce la solennità del sole e del suo cuore, l’oscurità delle nubi in comunione col buio interiore delle “anime vaganti sulla terra”, la celestialità del cammino, lo schianto delle foglie che cadono nel “campo dagli eterni ricordi”. In Morte in vita, per il poeta conoscere assume una valenza equivalente al ricordare: egli abbandona la sua dimensione umana, trasformandosi in un’entità atemporale, ai primordi delle cose e del mondo stesso. L’io poetante diventa così la parte di un noi panico e onnicomprensivo, la goccia di “un unico fiume” che scorre verso un luogo che l’autore arriva a descrivere in parte, tanto si fa chiara la sua visione: “qui non s’ode alcun grido, qui non s’odono lacrime di anime perdute. Qui s’ode il sonoro parlato di persone. Qui s’ode la vita”.
Morte in vita
Non so se nel canto di mille sogni
Se in un mondo di umili fogli
Se nel dire del mio unico mattino
S’ode il pianto
S’ode il grido.
Io riconosco
Che nella mia sola esistenza
Non sono che una goccia
Nell’are dei sognatori.
Noi non siamo che
Un unico fiume
Nell’oceano della speranza.
Qui non s’ode alcun grido,
qui non s’odono
lacrime di anime perdute.
Qui s’ode il sonoro parlato
Di persone.
Qui
S’ode la vita.
Gabriel Tagliabue (Cureglia - Svizzera)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "C" (Istituti Superiori)
I Premio Assoluto
Annalisa Bandoni
Motivazione: Con le poesie Campo di fiori gialli e Berlino, la giovane poetessa Annalisa Bandoni esprime il suo dono poetico ora attraverso il topos classico e rivisitato della poesia di derivazione agreste e naturalista, ora attraverso l’uso del tema urbano e cittadino. Così l’autrice, nelle sue due liriche, ha dato prova della sua competenza nella sapiente manipolazione del verso e nel giusto e calibrato utilizzo del linguaggio poetico. Una competenza, la sua, che non identifica alcun artificio manieristico poeticamente preconfezionato, ma che libera e rende testimonianza della sincerità della parola, vera e autentica espressione verbale con cui l’autrice cerca e rincorre in ogni suo verso l’interlocutore. Esso, infatti, si fa destinatario del riso malinconico della poetessa e della sua richiesta di evasione e via di fuga dal tempo presente, raffigurato come una gabbia tanto routinaria quanto soffocante.
Campo di fiori gialli
Tenterò di trattenere,
con qualche goccia di nero inchiostro,
l’essenza di meritevoli ricordi,
già ai bordi sfumati
dai soffi del tempo.
Impregnerò
Di polline e mirtilli
Queste immacolate pagine,
affinché quel pomeriggio di maggio
possa sostare all’ombra della carta ingiallita;
Le costellerò di petali d’ambra,
quelli che si appiccicavano ai vestiti
e si intrecciavano ai capelli.
Odore di erbe selvatiche
E terra umida.
Raggi d’arancio
Dietro ad alte spighe d’erba,
che ondeggiavano al suono
di una melodia da noi percepibile.
E dunque balla,
volteggia
e ridi con me, ti prego,
fino a che il sole
non cadrà a terra addormentato.
Annalisa Bandoni (Pietrasanta - LU)
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