Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Pietro Catalano
Motivazione L’eleganza delle due liriche I bambini di Aleppo e L’aria blu ha poche connessioni con la nostra antologia letteraria. I versi di queste due poesie ci attraversano, piovendoci addosso, da tristi atmosfere: nella prima, I bambini di Aleppo, ancor di più perché tocca e riguarda i bambini; nell’altra, L’aria blu, nell’amara solitudine del poeta. Leggendo i versi, siamo coinvolti dall’autore stesso, che sembra abbia davvero attraversato gli orrori della guerra e del solipsismo pietoso. La sua poesia sembra sfuggire dalle regole della letteratura del Novecento e non solo di questo secolo: non ci sono figure retoriche e rime, e la sintassi è modulata, la metrica è libera e quanto mai rari sono i versi ermetici. è proprio la semplicità a colpirci e a commuoverci allo stesso tempo. Nessun artificio, dunque, ma solo la pietà che filtra in noi, lasciandoci un retrogusto dal sapore dolce-amaro. Ancora, il poeta sembra mostrarci una volontà di comunicazione che fa sì che si possa tutti rimanere coinvolti in un dolore mai velenoso, bensì contemplativo, che ha come frutto della guerra i bambini nella prima lirica e nell’altra un controllato solipsismo.
I bambini di Aleppo
“Là dove hanno fatto il deserto,
lo hanno chiamato pace”
Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola
Cantano ancora i bambini di Aleppo
ora che la coperta è calda nella notte,
il rompo cupo non fa più paura
è il suono che prelude al temporale,
le ombre s’allungano nella stanza
senza avvolgere il viso delle bambole.
Hanno ancora negli occhi il rogo
delle case e nelle mani piaghe di paura
col filo spinato ancora tra le dita
e la borraccia a tracolla semivuota.
Hanno visto il fuoco della pelle
marchio d’infamia dei vinti, memoria
della viltà e silenzio dei forti.
Nascondono un fiore dentro il diario
per segnare i giorni trascorsi
a contare il silenzio delle grida.
Ah, com’è triste il giorno senza voci,
ogni silenzio è una croce nel mio cuore.
Canteranno ancora i bambini di Aleppo
Nella Valle di Elah, vero il giardino
Dei ciliegi in fiore.
L’aria Blu
Regina Coeli, Roma
C’è una zona chiamata aria blu
in questo spazio ristretto, dove
ritrovo il colore del mare e del cielo
e il dondolare lieve di mia madre.
Adesso ho una finestra chiusa davanti
e guardo le stelle riflesse nello specchio
rotto dai sassi lanciati per fare rumore
in questo silenzio che soffoca
la memoria, perduta nei giorni uguali
a ubbidire alla conta della sera.
Nell’aria blu respiro ancora l’odore
di zagara e gelsomino, sento il frinire
dei grilli e danzo a piedi nudi
nell’erba bagnata dalla brina del mattino.
Passi cadenzati e tintinnio di chiavi
annunciano la fine del viaggio,
il fischio del treno è un ricordo lontano,
il rumore secco della porta di ferro
chiude il giorno delle notti a venire.
Pietro Catalano (Roma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "C" (Istituti Superiori)
II Premio
Ye Congle
Motivazione: Hanno il profumo delle rose metafisiche i versi delle poesie Mostro di Rosa, Narciso e Rose di Ye Congle, che si fanno esortazione delicata a espandere il proprio io, la cui ricchezza deve proiettarsi verso gli altri, trasmettendone «nuova freschezza» e invito a manifestare la propria Bellezza (intesa come pulchrum, attributo dell’essere) con la sua potenza trasformatrice, per poi diventare «mostro di rosa», ovvero prodigio di quella stessa Bellezza che esprime l’essenza dell’uomo, osando il coraggio della conoscenza e della fiducia in sé stessi, contrastando la paura che genera il «mutismo» dei sentimenti. Il poeta scandaglia una società in cui domina il «silenzio» del cuore – involucro restrittivo e costrittivo che impedisce la libera espressione ed espansione dell’identità – e in cui «stiamo a fissarci nel vuoto dell’infinito», poveri di obiettivi e di senso, di tensioni verso uno scopo e nella quale «parliamo con la ragione», ponendo attenzione esclusivamente all’aspetto speculativo dell’esperienza umana. L’essenza generante è muta e il poeta scioglie questo nodo di incomunicabilità con parole compagne di rima, baciata e alternata, che diventano invito per il cuore a «fiorire», «mostrando al mondo il suo Sorriso», inteso come bagliore di luce che spiazza le «tenebre» del vivere perché è accoglienza e apertura del proprio mondo all’altro.
Mostro di Rosa
Mostro di ghiaccio,
intellettuale pagliaccio
colmo di uman calore,
colmo di uman dolore.
Sentimenti da sfere tenebre
Sparsi sull’orizzonte celebre
Dipingono il tuo mondo di rosa,
riempiendo il tuo cuore di ogni dolce cosa.
Non pensare di non saper volare
Prima di provarci per poi riprovare.
Non dire di non saper affascinare,
togliendo la voce ai tuoi sentimenti per parlare.
Esplodi nella tua bellezza,
trasmetti a tutti una nuova freschezza.
Esplodi nella tua rosa,
sii originale, sapere Osa.
Ye Congle (Montecatini Terme - PT)
Istituto Tecnico Tecnologico Statale Silvano Fedi-Enrico Fermi di Pistoia
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "D" (Adulti)
III Premio
Elisabetta Biondi Della Sdriscia
Motivazione: C'è un suggestivo accostamento tra l'Amore e Psiche neoclassico del Canova e la poesia di Elisabetta Biondi della Sdriscia: quest’ultima descrive e allo stesso tempo interiorizza l’immagine, tra le più celebri icone del desiderio amoroso, che di là a poco si trasformerà in atto: ma se nella scultura questo atto è imprigionato in una stasi materiale, spetta a Elisabetta e alla sua poesia creatrice di emozioni a trasformare in dinamico ciò che il marmo sottende e anticipa; tanto che il bacio non diventa più solo atto meccanico rappresentativo di amore, ma fusione antropomorfizzata dei due amanti. Il mito costituisce, nuovamente, la fonte ispiratrice per la seconda poesia: e ciò avviene tramite la rivitalizzazione del mito di Orfeo, al cui significante di cantore corrispondono due significati: quello di musicista e di poeta. Amore sì, ma anche assenza-presenza, tema caro a Blanchot: il desiderio ardente di un ritrovamento si trasforma in colpa di una perdita, in sortilegio; non è un caso l’uso del tempo imperfetto, per eccellenza quello della conclusione e del non-ritorno. Infine, il dolore sentimentale si trasforma in fisico nella figura di una donna che vomita via tutta la sua sofferenza, nel tentativo vano di svuotarsi definitivamente per lasciar posto a qualcosa che, catastroficamente, niente può riempire.
Il canto di Orfeo
Attendo il tuo ritorno, nel tormento:
al cielo incendiato racconto del dolore,
della malinconia struggente dell'assenza.
Del tuo corpo, baciato con passione,
e di quanto lo abbia sospirato,
delle tue labbra piene, mio tormento,
vertigine insaziata, sortilegio:
tra le tue labbra mi sono smarrito
in una plaga senza spazio e tempo,
fluttuante nel vuoto dell'assenza
non riesco a ritornare...
Con te ho conosciuto il desiderio
ardente: m'incendiavi la mente
di pensieri mai avuti.
Con te percepivo in ogni carezza
l'assoluta purezza di un rito sacrale.
Perché ogni gesto inventava l'amore,
nostro, nuovo, mai percorso,
ogni gesto sbocciava casto
dai nostri corpi allacciati,
dai desideri taciuti. Ogni piega
di noi un pretesto di baci
e ogni bacio lasciava insaziata
la sete. Sinfonie di sospiri,
risonanze arcane traevi da me,
liuto antico destato dalle tue dita:
tra i baci, con me, inventavi una vita.
Elisabetta Biondi Della Sdriscia (Roma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
VII Edizione 2024
Sezione "Scuole"
Categoria "Istituti Superiori"
I Premio Assoluto
Sara Bertin
Motivazione: Parole stilisticamente semplici e immagini bozzettistiche strutturano le composizioni poetiche della giovane poetessa Sara. L’evocazione di una potente presenza femminile, còlta nella sua evanescenza e inserita in un’atmosfera angosciosa e di sospensione surreale, diventa la trama con cui costruire la lirica Coincidenze. Solo nella desertica solitudine e nella fissità cosmica è possibile un nuovo incontro fra la giovane poetessa e l’interlocutrice, che rimane però oscura e avvolta in un alone enigmatico e misterioso.
Nella lirica Gocce, invece, l’autrice narra e descrive analiticamente il destino di ciascuna goccia che compone la pioggia, ossia quello di frantumarsi a terra. E’, dunque, la rappresentazione monotona e dolorosa – seppur autocosciente e consapevole – di un’agonia ripetitiva e che può, in qualche modo, analogicamente e allegoricamente legarsi al destino della vita umana.
Gocce
La goccia dal cielo strapiomba
nel terreno, a capofitto, istintiva
forse perché troppe cose ambiva.
Silenziosa nel suo veloce
ed esausto viaggio, lo scroscio
nel terreno è il primo e ultimo
avvertimento d’un dolore saggio.
Non siamo, noi piccoli esseri
desiderosi, tante piccole gocce?
Dal tratto metafisico allo spazio fisico
silenziose, subiscono, gioiscono,
e periscono.
Legate tra loro da prassi comune.
Decise, impavide e monotone,
compreso il loro movimento,
la dinamica le congiunge
allo sfracellamento.
Che sia per desiderio, amore,
semplice o cruenta morte
o per pura follia, la vita
per loro e un’ampia agonia.
Coincidenze
La torre, la dorata chioma
uno sguardo, la parola è in coma.
Occhi azzurri come il mare,
labbra rosse e carnose,
dolci e aspre come more,
lievemente lei muove.
Tanta è l’ansia e il sospiro,
neppure al funesto grido
io mi giro.
Bloccato è l’universo,
solo io e te, il resto è deserto,
che giace, se ne compiace.
Potente è la presenza,
ancora non pronta la confidenza,
per questo è coincidenza.
Sara Bertin (Monterosso al Mare - SP)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Gabriel Tagliabue
Motivazione: Con le poesie Morte in vita e Io vedo, Gabriel Tagliabue trionfa per la profondità di pensiero espressa e per la dote, certamente innata, di saper comporre un verso capace di far specchiare nel lettore la voce dell’Io poetante. Con Io vedo, il giovanissimo poeta si presenta con la capacità di guardare il mondo, grazie al “terzo occhio” della poesia, capendolo e sviscerandone l’anima a colpi di sguardi. Così, egli vede, comprende e subisce la solennità del sole e del suo cuore, l’oscurità delle nubi in comunione col buio interiore delle “anime vaganti sulla terra”, la celestialità del cammino, lo schianto delle foglie che cadono nel “campo dagli eterni ricordi”. In Morte in vita, per il poeta conoscere assume una valenza equivalente al ricordare: egli abbandona la sua dimensione umana, trasformandosi in un’entità atemporale, ai primordi delle cose e del mondo stesso. L’io poetante diventa così la parte di un noi panico e onnicomprensivo, la goccia di “un unico fiume” che scorre verso un luogo che l’autore arriva a descrivere in parte, tanto si fa chiara la sua visione: “qui non s’ode alcun grido, qui non s’odono lacrime di anime perdute. Qui s’ode il sonoro parlato di persone. Qui s’ode la vita”.
Morte in vita
Non so se nel canto di mille sogni
Se in un mondo di umili fogli
Se nel dire del mio unico mattino
S’ode il pianto
S’ode il grido.
Io riconosco
Che nella mia sola esistenza
Non sono che una goccia
Nell’are dei sognatori.
Noi non siamo che
Un unico fiume
Nell’oceano della speranza.
Qui non s’ode alcun grido,
qui non s’odono
lacrime di anime perdute.
Qui s’ode il sonoro parlato
Di persone.
Qui
S’ode la vita.
Gabriel Tagliabue (Cureglia - Svizzera)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "C" (Istituti Superiori)
I Premio Assoluto
Annalisa Bandoni
Motivazione: Con le poesie Campo di fiori gialli e Berlino, la giovane poetessa Annalisa Bandoni esprime il suo dono poetico ora attraverso il topos classico e rivisitato della poesia di derivazione agreste e naturalista, ora attraverso l’uso del tema urbano e cittadino. Così l’autrice, nelle sue due liriche, ha dato prova della sua competenza nella sapiente manipolazione del verso e nel giusto e calibrato utilizzo del linguaggio poetico. Una competenza, la sua, che non identifica alcun artificio manieristico poeticamente preconfezionato, ma che libera e rende testimonianza della sincerità della parola, vera e autentica espressione verbale con cui l’autrice cerca e rincorre in ogni suo verso l’interlocutore. Esso, infatti, si fa destinatario del riso malinconico della poetessa e della sua richiesta di evasione e via di fuga dal tempo presente, raffigurato come una gabbia tanto routinaria quanto soffocante.
Campo di fiori gialli
Tenterò di trattenere,
con qualche goccia di nero inchiostro,
l’essenza di meritevoli ricordi,
già ai bordi sfumati
dai soffi del tempo.
Impregnerò
Di polline e mirtilli
Queste immacolate pagine,
affinché quel pomeriggio di maggio
possa sostare all’ombra della carta ingiallita;
Le costellerò di petali d’ambra,
quelli che si appiccicavano ai vestiti
e si intrecciavano ai capelli.
Odore di erbe selvatiche
E terra umida.
Raggi d’arancio
Dietro ad alte spighe d’erba,
che ondeggiavano al suono
di una melodia da noi percepibile.
E dunque balla,
volteggia
e ridi con me, ti prego,
fino a che il sole
non cadrà a terra addormentato.
Annalisa Bandoni (Pietrasanta - LU)
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