Motivazione Premio Speciale |
Foto e intervista a Patrizia Valduga (in costruzione) |
La Giuria del «Premio Maria Maddalena Morelli - Corilla Olimpica», alla seconda edizione del suo «premio speciale» riservato a grandi poetesse della contemporaneità, individua in Patrizia Valduga una delle voci più originali e ispirate della poesia italiana contemporanea.
Dalle ormai storiche raccolte degli anni Ottanta del Novecento Medicamenta e La tentazione a Donna di dolori e Requiem, dai testi di nuovo millennio di Quartine. Seconda centuria a Lezioni d’amore, dal Libro delle laudi al suggestivo, recente poemetto Belluno, l’opera di Patrizia Valduga si situa di diritto a quel denso discrimine in cui l’agnizione di una propria immagine di donna chiamata dalla poesia coincide perfettamente con una sorta di totalizzante riconoscimento del mondo: un’agnizione integrale e profonda, tra corpo e anima, intimamente coinvolta, carica di tutte le sue drammatiche contraddizioni ed inspiegabilità, ma anche dotata di fascini, misteriose esaltazioni e inaspettate possibilità di riscatto.
È là che la personalissima ricerca della Valduga, espressivamente tesa al recupero e alla contaminazione delle forme più illustri della nostra tradizione, assume i connotati di un’attuale testimonianza umana vivida ed inclusiva, culturalmente consapevole e proprio così, completando con umiltà e magistero un dono ricevuto, autentica. In questo senso lo stesso paragone instaurabile tra Patrizia Valduga e una poetessa antica come Maria Maddalena Morelli si rivela del tutto plausibile e in carattere, facendo di lei la figura più meritevole di questo premio.
Sta di fatto che Patrizia Valduga, poetessa naturalmente dotata e molto colta, ha fatto propria la crisi del linguaggio lirico moderno, riuscendo a conferirgli nuova dignità e nuovo lustro. E tra i numerosi pareri favorevoli raccolti dalla sua opera, piace qui ricordare quello – singolarmente prestigioso e ancor oggi valido – avanzato a suo tempo da Luigi Baldacci: «Non so trovare o vedere, oggi, un linguaggio più poetico che sia più linguaggio di questo».
Nella Foto (da sinistra): Rappresentante di Rione di Pistoia, Marco Marchi, Patrizia Valduga, "Maria Maddalena Morelli", rappresentante Rione
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Motivazione Premio Speciale |
Servizio e intervista a cura di Francesco Storai Servizio TVL sull'evento (2 dicembre 2023). |
La Giuria del “Premio Letterario Nazionale Maria Maddalena Morelli Corilla Olimpica – Città di Pistoia” riconosce in Dacia Maraini una figura di assoluto rilievo nel quadro della letteratura nazionale e internazionale di oggi.
Narratrice pluritradotta e pluripremiata, poetessa, drammaturga, sceneggiatrice, saggista, giornalista, Dacia Maraini è scrittrice a tutto tondo, universalmente nota e tra le più amate.
La sua vasta opera – situabile tra le ragioni dell’impegno di documentazione e denuncia della condizione femminile nella società moderna e la più ampia riflessione esistenziale sui temi della violenza, della sopraffazione e dell’alienazione – si configura come una singolarmente sfaccettata ma unitaria educazione al mondo. Un’educazione al mondo trasgressiva, indenne da pregiudizi e convenzioni di ogni tipo, secondo la cifra di un limpido realismo efficiente sia nell’inchiesta sul presente e nella dispiegata rievocazione storica non meno che nell’auscultazione interrogante e analogamente desiderosa di sapere del proprio, individualissimo destino di persona.
Ed è così che dopo avere raccontato attraversando secoli la vita di tante donne, da Marianna Ucrìa a Chiara di Assisi, a Maria Stuarda, nel suo nuovo libro intitolato Vita mia. Giappone, 1943. Memorie di una bambina italiana in un campo di prigionia la Maraini torna oggi a raccontare di sé, esplorando intensivamente una zona dolorosa della propria biografia intima rimasta per la massima parte ancora chiusa nel cassetto dei ricordi, ponendosi sulle tracce di quella meravigliosa bambina timida e risoluta che negli anni ha saputo trasformare la sua fame di cibo e libertà in un’inesausta e impavida forza creativa: in una grande, vigile e appassionata rivoluzione gentile affidata alle parole.

Nella Foto (da sinistra): Matteo Mazzone, Dacia Maraini, Marco Marchi
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "C" (Istituti Superiori)
I Premio
Cloe Buralli
Motivazione Con le poesie Ossimoro ed Essenza, la giovane poetessa Cloe Buralli intesse un personale quanto originale dialogo con un destinatario che appare velato e misterioso, contrapponendosi all’io lirico. La prima poesia, che sin tal titolo ripropone la figura retorica dell’accostamento e della giustapposizione di due elementi discordanti, pare appunto inanellare un dialogo che si dipana attraverso la costruzione ritmata di un “serventese” ricco di citazioni letterarie e di rimandi alla poesia di matrice classica. è forse la poesia stessa che Cloe vela dietro quel timido ma dirompente tu, che così spesso è associato a insigni poeti e a celebri figure come Odisseo, Catullo, Baudelaire, fino al culmine finale, secondo cui la poesia si identificherebbe con la leggera e inafferrabile Libertà. In Essenza, il richiamo dell’autrice è al grado più intimo dell’esistenza. Simbolo di pure colline e di mondi giallo-affollati da girasoli impazziti di luce (di eco montaliana), il viaggio è da sempre topos della rivitalizzazione e della riaffermazione fisica dell’essere umano: liberazione terrena, «caro dolore», «dolce ricordo».
Ossimoro
La figlia dice francese
Tu reciti Baudelaire
La figlia vive bacio
Tu leggi in Catullo baciamento
La figlia ama duttile
Tu come Odisseo occhi di ferro *
La figlia sussurra casa
Tu con i capelli al vento Libertà
Di anime perpetua discrepanza,
non negli occhi
non nelle terrazze
non nelle carezze
non nelle tue mani vizze,
nella danza
della figlia impropria, propria delle fluenti clessidre
e tu ancora figlia della poesia eterna, mai madre.
(*) Odissea, Canto XXI, vv. 211,212 “Ma i suoi occhi, quasi fossero di corno o ferro, restarono nelle palpebre immobili: nascondeva con astuzia le lacrime
.
Cloe Buralli (Buggiano - PT)
IV Liceo Liceo Classico Statale "C. Lorenzini" di Pescia (PT)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "C" (Istituti Superiori)
II Premio
Ye Congle
Motivazione: Hanno il profumo delle rose metafisiche i versi delle poesie Mostro di Rosa, Narciso e Rose di Ye Congle, che si fanno esortazione delicata a espandere il proprio io, la cui ricchezza deve proiettarsi verso gli altri, trasmettendone «nuova freschezza» e invito a manifestare la propria Bellezza (intesa come pulchrum, attributo dell’essere) con la sua potenza trasformatrice, per poi diventare «mostro di rosa», ovvero prodigio di quella stessa Bellezza che esprime l’essenza dell’uomo, osando il coraggio della conoscenza e della fiducia in sé stessi, contrastando la paura che genera il «mutismo» dei sentimenti. Il poeta scandaglia una società in cui domina il «silenzio» del cuore – involucro restrittivo e costrittivo che impedisce la libera espressione ed espansione dell’identità – e in cui «stiamo a fissarci nel vuoto dell’infinito», poveri di obiettivi e di senso, di tensioni verso uno scopo e nella quale «parliamo con la ragione», ponendo attenzione esclusivamente all’aspetto speculativo dell’esperienza umana. L’essenza generante è muta e il poeta scioglie questo nodo di incomunicabilità con parole compagne di rima, baciata e alternata, che diventano invito per il cuore a «fiorire», «mostrando al mondo il suo Sorriso», inteso come bagliore di luce che spiazza le «tenebre» del vivere perché è accoglienza e apertura del proprio mondo all’altro.
Mostro di Rosa
Mostro di ghiaccio,
intellettuale pagliaccio
colmo di uman calore,
colmo di uman dolore.
Sentimenti da sfere tenebre
Sparsi sull’orizzonte celebre
Dipingono il tuo mondo di rosa,
riempiendo il tuo cuore di ogni dolce cosa.
Non pensare di non saper volare
Prima di provarci per poi riprovare.
Non dire di non saper affascinare,
togliendo la voce ai tuoi sentimenti per parlare.
Esplodi nella tua bellezza,
trasmetti a tutti una nuova freschezza.
Esplodi nella tua rosa,
sii originale, sapere Osa.
Ye Congle (Montecatini Terme - PT)
Istituto Tecnico Tecnologico Statale Silvano Fedi-Enrico Fermi di Pistoia
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Pietro Catalano
Motivazione L’eleganza delle due liriche I bambini di Aleppo e L’aria blu ha poche connessioni con la nostra antologia letteraria. I versi di queste due poesie ci attraversano, piovendoci addosso, da tristi atmosfere: nella prima, I bambini di Aleppo, ancor di più perché tocca e riguarda i bambini; nell’altra, L’aria blu, nell’amara solitudine del poeta. Leggendo i versi, siamo coinvolti dall’autore stesso, che sembra abbia davvero attraversato gli orrori della guerra e del solipsismo pietoso. La sua poesia sembra sfuggire dalle regole della letteratura del Novecento e non solo di questo secolo: non ci sono figure retoriche e rime, e la sintassi è modulata, la metrica è libera e quanto mai rari sono i versi ermetici. è proprio la semplicità a colpirci e a commuoverci allo stesso tempo. Nessun artificio, dunque, ma solo la pietà che filtra in noi, lasciandoci un retrogusto dal sapore dolce-amaro. Ancora, il poeta sembra mostrarci una volontà di comunicazione che fa sì che si possa tutti rimanere coinvolti in un dolore mai velenoso, bensì contemplativo, che ha come frutto della guerra i bambini nella prima lirica e nell’altra un controllato solipsismo.
I bambini di Aleppo
“Là dove hanno fatto il deserto,
lo hanno chiamato pace”
Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola
Cantano ancora i bambini di Aleppo
ora che la coperta è calda nella notte,
il rompo cupo non fa più paura
è il suono che prelude al temporale,
le ombre s’allungano nella stanza
senza avvolgere il viso delle bambole.
Hanno ancora negli occhi il rogo
delle case e nelle mani piaghe di paura
col filo spinato ancora tra le dita
e la borraccia a tracolla semivuota.
Hanno visto il fuoco della pelle
marchio d’infamia dei vinti, memoria
della viltà e silenzio dei forti.
Nascondono un fiore dentro il diario
per segnare i giorni trascorsi
a contare il silenzio delle grida.
Ah, com’è triste il giorno senza voci,
ogni silenzio è una croce nel mio cuore.
Canteranno ancora i bambini di Aleppo
Nella Valle di Elah, vero il giardino
Dei ciliegi in fiore.
L’aria Blu
Regina Coeli, Roma
C’è una zona chiamata aria blu
in questo spazio ristretto, dove
ritrovo il colore del mare e del cielo
e il dondolare lieve di mia madre.
Adesso ho una finestra chiusa davanti
e guardo le stelle riflesse nello specchio
rotto dai sassi lanciati per fare rumore
in questo silenzio che soffoca
la memoria, perduta nei giorni uguali
a ubbidire alla conta della sera.
Nell’aria blu respiro ancora l’odore
di zagara e gelsomino, sento il frinire
dei grilli e danzo a piedi nudi
nell’erba bagnata dalla brina del mattino.
Passi cadenzati e tintinnio di chiavi
annunciano la fine del viaggio,
il fischio del treno è un ricordo lontano,
il rumore secco della porta di ferro
chiude il giorno delle notti a venire.
Pietro Catalano (Roma)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
III Edizione 2019
Categoria "D" (Adulti)
II Premio
Gennaro De Falco
Motivazione E' poesia della presenza-assenza, della stasi e del dinamismo quella che connota i versi di Πάντα ῥεῖ e di Via El Alamein, 67 del poeta Gennaro De Falco. Nella prima riecheggia il motto del filosofo Eraclito: in una realtà intrisa di storia e inderogabilmente obbligata al divenire delle sue cose, si contrappongono quadri-immagini liberi di accennare al presente e al passato, svincolandosi così dagli statici criteri della cronologia degli eventi. In questo tempo dinoccolato, la figura femminile – metafora dell’amore – è parte dell’intimità atemporale del poeta, che sembra fungere da collante tra le due realtà l’ultimo verso: «e non c’era lesione tra te e il mondo». La poesia Via El Alamein, 67, ambientata a Milano, si mostra come un contemporaneo canto d’amore crepuscolare: la pesante routine di una metropoli e il suo traffico, l’ultimo autobus vuoto e forse poco profumato, il capolinea deserto, il finestrino forse opacizzato dai fumi del giorno. E proprio su questo finestrino, solo l’ombra della donna (o dell’amata?) si appoggia: un’apparizione salvifica, quasi angelica, tanto che il «nome» di lei «non ha più sillabe».
Via El Alamein, 67
Ci ammutiniamo,
ripetiamo la perpendicolare della carezza
tracciamo il rischio della collisione.
Questo è il compiersi dell’amore
astrarre la trasformazione, rinnegare
l’ipotesi nominale del tempo
quel tempo che finisce
inaudito e improvviso
nel grande gorgo di Milano
quando si spegne per sempre
la luce bianca della corsia
e si perde il centro,
esplode l’atomo, si frantuma l’universo.
Così pare vuota l’ultima corsa della 92,
nessuno al capolinea che aspetta, solo la tua ombra
appoggiata al finestrino.
Il tuo nome che non ha più sillabe.
Gennaro De Falco (Crotone)
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